L’impegno nel volontariato

Dal 2018 la dottoressa Isidori presta la sua opera come neurochirurgo volontario in Africa

L’impegno nel Volontariato

Dal 2018 la dottoressa Isidori presta la sua opera come neurochirurgo volontario in Africa

Oltre all’impegno come docente e libero professionista presso la clinica Humanitas, la dottoressa Isidori presta la sua opera come neurochirurgo volontario in Africa.

Trattandosi di una specializzazione particolare, che richiede una sala operatoria quanto meno completa per poter essere esercitata, la neurochirurgia ha limitata richiesta da parte delle associazioni più note di medici volontari, pertanto la dottoressa ha deciso di prestare la propria attività autonomamente, senza affiliazione, contando sul personale solido background che le consente se necessario di adattare creativamente gli strumenti (spesso molto limitati) a disposizione in contesti meno sviluppati per riuscire a gestire l’imprevisto.

In seguito all’incontro con un neurochirurgo ungherese già impegnato a scopo umanitario in Africa e in altre parti del mondo, la dottoressa ha iniziato nel 2018 a prestare la propria opera presso l’Ospedale cattolico di Saint Charles Borromeo, della città di Onitsha in Nigeria, aiutando fattivamente il dottor Andras Csokaj nel suo tentativo di organizzare una rete di volontari in grado da garantire, attraverso una sorta di turnazione, continuità nei servizi alla comunità locale.

Il Saint Charles Borromeo è un ospedale cattolico non governativo, inaugurato ufficialmente nel 1965 dall’Arcivescovo Charles Heerey di Onisha, insignito negli anni di molti riconoscimenti per i servizi umanitari svolti, che attualmente consta di oltre 250 posti letto in differenti reparti e di uno staff di oltre 300 individui tra medici, consulenti esterni ed infermieri. Una volta sul posto, per alcune settimane la dottoressa ha avuto modo di lavorare a contatto con la comunità sia attraverso l’attività neurochirurgica in sala operatoria che nelle visite ambulatoriali, con l’aiuto necessario e prezioso di un chirurgo internista locale.

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Unico medico europeo in quella sede, è riuscita ad avere un rapporto molto sereno con i pazienti, che nei suoi confronti sono stati molto partecipativi facendola sentire molto benvoluta ed affidandosi a lei completamente, riconoscendole molta fiducia.

Rendersi conto della profonda differenza nell’affrontare patologie che in Europa sono facilmente trattabili, mentre in Africa, vengono trascurate lungamente con l’effetto di diventare invalidanti, vuoi per la povertà vuoi per il sistema sanitario estremamente costoso, ha un grande impatto per un medico occidentale.

L’alto costo della Sanità nigeriana e la povertà presente, inoltre, comporta l’impossibilità di richiedere a volte esami diagnostici più approfonditi.

I pazienti infatti, di fronte a tali richieste spesso sono presi da grande sconforto, data la difficoltà enorme oltre che economica, anche materiale di dover raggiungere molto spesso un luogo molto distante dove sia presente il macchinario necessario, con l’effetto che, oltre al disagio di affrontare enormi costi per l’esame, è necessario affrontare un ulteriore viaggio, coi relativi costi.

In questi contesti dunque diventa necessario cercare di fare una diagnosi il più completa possibile anche solo attraverso una visita o con strumenti molto più limitati rispetto a quelli che in Occidente sono considerati accessibili e quindi molto sfruttati.

Le difficoltà fin qui evidenziate non impediscono di ottenere risultati soddisfacenti professionalmente ed umanamente, infatti la dottoressa, tra la ventina di interventi di neurochirurgia compiuti e più di un centinaio di visite, ricorda con particolare affetto una ragazza ventenne, paraplegica grave, in sedia a rotelle, con una lesione spinale, portata ad Onitsha per essere visitata da lei ed operata, con grande impegno dal padre, attraverso un viaggio di 10 ore.

La lesione da cui era affetta la paziente era stata, in precedenza, scambiata (a causa della scarsità dei mezzi diagnostici, per l’appunto), per un tumore dorsale, nella specie un meningioma, salvo poi rendersi conto, in sala operatoria, che si trattava non di un tumore ma di una calcificazione prodotta da una infiammazione non curata, il cui effetto era di comprimere la spina dorsale e provocare la paralisi della giovane.

Una situazione molto complessa da gestire senza gli strumenti adatti (microscopio, anche materiali di sutura, aghi, pinze e quant’altro) e che ha richiesto molto impegno, il cui esito è stato ottimale in quanto la paziente, dalla sedia a rotelle ha potuto riprendere a camminare con le stampelle.

Tuttora la dottoressa è in contatto con la paziente che si è molto affezionata a lei e periodicamente continua a inviare foto e video in modo da mostrarle i suoi progressi.

La dottoressa spera di poter tornare quanto prima ad Onitsha per un periodo di qualche settimana in modo da poter proseguire nella sua attività di neurochirurgo volontario, anche attraverso l’associazione AFREKA, con sede in Ungheria, fondata dalla dottoressa Reka Fodor, conosciuta tramite il dottor Andras Csokaj, che si occupa di raccolta fondi, abiti ed alimenti.

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